La Terra è un’astronave che viaggia nello spazio. L’equipaggio è costituito da tutti gli esseri viventi: uomini, animali e piante.
Il professore Stefano Mancuso racconta che negli ultimi 70 anni sono morti la metà degli animali che popolavano la Terra.
Negli ultimi due secoli sono state abbattute foreste primarie per un’area equivalente a due volte gli Stati Uniti. Si possono ascoltare le sue parole nel video del suo intervento ai Dialoghi a Pistoia a maggio 2024 su YouTube: Stefano Mancuso – Una specie senza limiti: come fare a non mangiarsi la Terra.
Sappiamo bene che la perdita di una foresta significa perdita anche di tante specie animali, perché tutto è connesso ed interdipendente. Le attività umane sono la causa diretta dei grandi cambiamenti a cui stiamo assistendo.
Tutto il Pianeta vivente soffre di sindrome da stress globale.
Gli alberi sono amici silenziosi dell’uomo, ci forniscono ossigeno, raffrescamento nei periodi caldi, salute e benessere. Ognuno può sperimentare come camminare in montagna o nella natura sia terapeutico. È come se ci si connettesse senza sforzo con la natura che ci allontana ansia, pensieri e preoccupazioni.
Andando in giro si scopre che molti alberi stanno soffrendo ed in numero sempre maggiore muoiono. Le cause sono diverse.
– Incendi sempre più frequenti;
– il riscaldamento globale che determina i cambiamenti climatici che stressano la vegetazione: le stagioni non sono più regolari; carenza di acqua ricorrente; non viene più l’inverno con temperature rigide che contrastavano il diffondersi di parassiti;
– l’inquinamento dell’aria, del suolo e delle acque; piogge acide; funghi che attaccano le cortecce.
Sulle coste c’è anche il problema delle infiltrazioni di acqua salata nelle falde per l’innalzamento dei livelli degli oceani a causa del riscaldamento globale. Nei periodi di grande siccità le acque salate possono risalire alvei dei fiumi. Tale fenomeno, rilevante anche per il fiume Po, viene chiamato cuneo salino. Esso sta causando gravi problemi, mettendo a rischio l’irrigazione e la qualità dell’acqua dolce, oltre a danneggiare le coltivazioni e le superfici alberate. Nel 2022 il cuneo risalì di 30 chilometri sul fiume Po.
Un albero stressato dai cambiamenti climatici è più facilmente attaccabile da funghi e parassiti.
Gli alberi possono soffrire contemporaneamente di più fattori contemporaneamente, come il caldo eccessivo e prolungato, la mancanza di acqua, la presenza di parassiti e malattie, la degradazione del terreno, eventi climatici estremi e violenti come tempeste, inondazioni, fulmini e incendi.
Anche se gli alberi non hanno un sistema nervoso come gli animali, possono reagire agli stimoli esterni attraverso meccanismi chimici e fisici.
Le piante percepiscono la mancanza di acqua, il calore eccessivo, la presenza di agenti patogeni e altri stimoli che possono causare stress e danneggiare le loro cellule.
Nelle città sono evidenti le difficoltà di sopravvivenza per molte specie arboree tradizionali per i motivi citati. A questi si aggiungono l’eccessiva urbanizzazione, l’arrivo di nuovi parassiti introdotti involontariamente con il commercio globale delle merci. Le specie che soffrono di più sono cedri del Libano, platani, ippocastani, aceri platanoides ed altri.
Nelle città gli alberi non gradiscono il traffico, la compattazione del suolo con la smisurata crescita di superfici cementificate e asfaltate, le potature aggressive ripetute. Tutto costituisce stress urbano per le piante.
Il terreno ha bisogno di respirare e di raccogliere acqua piovana. Le lottizzazioni che hanno preso il sopravvento nelle periferie delle città non si conciliano con la necessità della natura di avere i propri spazi e di mantenere terreni fertili coltivabili. Le radici degli alberi non trovano terreno sufficiente per il loro pieno sviluppo. Anche in progetti di riqualificazione urbane di strada e piazze si assiste a volta a piantumazioni di alberi confinati in piccoli spazi architettonici in mezzo a tanto cemento ed asfalto. In Italia si è costruito troppo a fronte di una popolazione che decresce. Occorre privilegiare progetti di recupero piuttosto che procedere a nuove lottizzazioni con consumo di prezioso territorio. Dovrebbe essere adottato il principio della moderazione. Ogni cosa spinta all’accesso si rivela causa di malanni. Ciò vale anche per l’uso della tecnologia.
Pure in montagna c’è sofferenza per alcune specie. Colpi di vento improvvisi e violenti fanno stragi di alberi. La “Tempesta Vaia”, avvenuta tra il 26 e il 30 ottobre 2018, causò una devastante distruzione di foreste alpine nel Nord-Est d’Italia, in particolare in Trentino e Veneto, con l’abbattimento di milioni di alberi a causa di raffiche di vento fra i 100 ed i 200 km/h. L’evento fu uno dei cicloni extratropicali più devastanti degli ultimi decenni.
L’enorme massa di alberi abbattuti è stato a sua volta ambiente fertile per il proliferare di parassiti e funghi. La proliferazione di parassiti e funghi, come il bostrico, è avvenuta e si è estesa anche a foreste non danneggiate direttamente dalla tempesta, rappresentando una seconda fase del danno che ha peggiorato le condizioni sanitarie e la resilienza dei boschi dell’abete rosso.
Il sistema delle foreste è pertanto indebolito da vari fattori concomitanti.
In questo scenario si fanno avanti alcune specie infestanti, come l’ailanto e le robinie che soppiantano specie autoctone come il castagno.
Cerchiamo per quanto possibile di salvare alberi e foreste, salvaguardo e ricostruendo la biodiversità oggi così drammaticamente minacciata.
Le foreste e gli habitat naturali sono patrimonio dell’Umanità, risorse da salvaguardare e proteggere.
La sopravvivenza dell’Umanità dipende da un corretto e pacifico equilibrio su questa Astronave Terra, con tutto l’equipaggio. Altrimenti si rischia di compromettere la missione.